AMATA DA TUTTI di
Carlangelo Scillamà
Con Monica Menchi e Simone Serini
Regia di Monica Menchi.
Teatro Nuovo Colosseo
Festival dei corti teatrali Schegge dAutore.
di Vincenzo Sanfilippo.
I BICCHIERI DELLA
STAFFA
Dare volto
e voce allimmagine duna femminilità in forte mutamento- e perciò, a suo
modo, contraddittoria e spinta comunque allimplosione- sembra essere la tematica
affrontata dallautore Carlangelo Scillamà nel suo nuovo Amata da tutti,
interprete Monica Menchi che ne cura anche la regia. Di che si tratta? del ritratto inebetito
duna bella signora toccata nel fiore dei suoi anni da una malinconica considerazione
della vita, e da se stessa, in atmosfere che ricordano tanto le pagine di Virginia Woolf.
Con delicati chiaroscuri interpretativi, le parole di Elvira (così si chiama la signora,
come lultima, fatale dama di Don Giovanni)) diventano lame taglienti che
visualizzano le proprie viscere, il cosiddetto privato. La donna ha un
lavoro part-time, che vorrebbe cambiare per qualcosa di più fantasioso, anche se gli anni
passano e via via le speranze si diradano. Tuttavia ha ancora un marito che non vede
più, e un figlio dalle mille esigenze che trascorre tutto il
giorno fuori casa.
Ibsenianamente, dopo il marito, cè stato per Lei un raggio di
sole, un innamoramento inaspettato dal nome Luca: ma anche questo momento di libìdo
liberatoria è andato via, travolto dalle complicazioni. Adesso Elvira è sola
nel suo salotto borghese, descritto in una essenziale scenografia, corredata da un
televisore che trasmette la rubrica consigli per gli acquisti, bottiglie
di alcolici che ella sorseggia (sin troppo) e tante sigarette: a lenire quel vuoto incerto
di alienazione e di stanziamento dellaffettività.
La materia
scritturale di Scillamà evidenzia le sue pieghe più sensuali e febbrili, sullonda
del piacere dello sguardo- arrivandone a cogliere il senso segreto e
tortuosamente psicologico.
Operazione di
escavo, di pensieri insoliti, vaghi e indistinti duna schizofrenia latente,
destinata a obliterarsi nel ripetitivo tran tran giornaliero.
La regia,
costruita su se stessa da Monica Menchi, alimenta lequivoco tra vizio dei sensi e
bisogno di amore, tra senso della vita e finzione della stessa, tra il concetto di
eleganza e quello di esibizione. Vissute e fantasticate nellebbrezza alcolica, con
il languore, la fragranza, la silente (progressiva) alienazione di un racconto
esistenziale non privo di una marginale psicosi.
Così potrà entrare in scena Lui, (Simone
Serini) la sostanza stemperata nel ricordo della donna dei lineamenti somatici di Luca, ulteriore colpo di teatro tra le opposte polarità
dellessere e dellapparire. La donna respinge Luca dicendole di non tornare
più, è lunico modo per reagire alla vita, mentre brinda: meglio una
sambuca con occhi particolarmente
amorosi e di rimpianto.
V.. Sanfilippo |