A media lux - Solo & Cloe drammaturgia di Carlangelo Scillamà con Roberta Bizzini e Alessandro Jori e Angela Russian e Simone Serini foto di scena Luigi Pisapia regia di Lucio Castagneri Teatro degli Archi , gennaio 2005, Roma
Non ci sono drammaturghi? Ci sono molti drammaturghi e pochi poeti. I poeti sono pochi perché sono pochi i drammaturghi che hanno un forte comportamento poetico rispetto alle cose che raccontano. I testi non hanno la forza che possa farli durare nel tempo, questo è il vero problema. Le storie sono legate alle contingenze effimere della cronaca, dellimpegno civile, della memoria o della dedica. La scrittura si è impoverita fino a diventare esangue. Il dato cognitivo domina su quello percettivo. Il pensiero non si fa sangue e il sangue non si fa pensiero. La tendenza generale spinge verso il tentativo peraltro vano - dimitare la realtà. Solo i poeti uniscono conoscenze ed abilità ad alcune facoltà straordinarie donate da dio. Il movimento della creazione artistica va, come si sa, dalla cosa al come, dal fare al dire, dal particolare al generale. Solo se lopera assurge a valore universale, riesce a parlare al cuore e alla mente degli uomini, anche a diverse latitudini culturali. Altrimenti, esaurita la carica dellattualità, si appassisce e muore in breve tempo. Il secondo problema è dato dal fatto che nel nostro Paese non esiste un patrimonio nazionale condiviso, che presuppongo debba fondarsi sul riconoscimento di quelle quattro grandi aree che rappresentano con un margine di approssimazione lo spettacolo dal vivo della modernità: il teatro mimetico, il teatro futurista, il teatro pirandelliano, il teatro totale. Carlangelo Scillamà di cui ho visto Solo & Cloe al Teatro degli Archi - fa parte a pieno titolo del primo grande genere di teatro. Organizza abilmente i segni verbali e racconta storie interessanti, ma sembra non trovare promozione alcuna. Non la trova perché non sa promuovere la promozione delle proprie opere? Perché non insegue le mode effimere? Perché di fronte alla subordinanzione dellarte alla politica desiste prima ancora di organizzare la difesa? Perché è vittima del suo vivere gentile ed appartato, oppure del dirigismo distributivo? Non lo so. So soltanto che la drammaturgia che pratica è una delle tante drammaturgie esistenti, tutte necessarie ad un sistema teatrale che voglia diventare fattualmente pluralista, difendere lunità nella diversità, partecipare alla creazione di un patrimonio condiviso che ancora non cè, contribuire a far coincidere sviluppo e progresso. Ci sono tuttavia delle responsabilità alla quali Scillamà non può sottrarsi. Quelle derivanti dallaver affidato il testo ad un gruppo di attori che non possiedono larte difficile della trasformazione della parola scritta in parola parlata, tale da regalare stupori ed emozioni agli spettatori. Su questo versante la migliore promozione è quella che può venire da scelte più oculate. Alfio Petrini |